L’opera di Cristina Lovato costituita di 41 liriche , brevi ma intense, raccoglie frammenti di vita, momenti di esistenza franta, interrotta, puntiforme con un filo rosso che li lega: l’amore, specie per la madre, cui dedica la lirica di apertura della silloge. Una lirica toccante perché guarda oltre le apparenze , il ruolo di madre, fino a coglierne dolore e umanità di cui questa figura si fa ancora carico, ora che è nonna:”E ora che sei diventata nonna , ti senti mamma nuovamente.
Tra le tue braccia il bambino dorme
serenamente,
tra qualche anno gli racconterai le tue
avventure
per insegnargli a vivere senza paure”.
Lo sguardo oltre l’apparenza si fa
intimo nei seguenti versi:” Ho guardato, per la prima volta,oltre lo scuro
ombretto
e quelle labbra fine sporche di
rossetto.”, in un ritratto intenso e
caloroso di una donna che ha duramente lottato per l’unione della famiglia, anche
sulle ceneri di un amore che si è spento con gli anni.
Scrivere è un destino ineludibile :” è
un amore segreto….paura
di fallire, bisogno di riprovare.”
Scrivere è amoreggiare con il registro linguistico fino al plateau. Scrivere è
anche un gioco di cui non si fa a meno,come
nella lirica Natale in cui le parole sono sistemate a forma di albero
Il tempo è amore che si fa
presenza-assenza e ci spinge a guardare oltre, al di là dell’infinito, dove
giace la Poesia con tutta la sua altezza e vertigine sublime..
Particolare attenzione viene rivolta al fluire del tempo e delle stagioni: “
è giunta la primavera ad Arquà Petrarca”, ma intensamente la Poetessa vive l’autunno,
momento di malinconia, di ripiegamento interiore, di amori svaniti, di pulsioni
lontane, di “leggerezza quotidiana”mentre una pasco liana nebbia copre
fittamente l’uomo e lo avvolge in “un gioco infinito”, e altrove il pensiero si volge ad un bimbo ( il
suo bimbo?)in una dolcezza struggente all’arrivo della “bella neve
Che tutto calma e scioglie”..
Fortissima è la presenza di Dio, verso cui si raccoglie in preghiera” Un
giorno
O una sera,
un istante
o tutta la vita.
Padre eterno ,
Amami.
Inesorabile è lo scorrere del tempo , cadenzato da suoni onomatopeici “Tin …Tin…Tin...
Il tempo, lento, scandisce i battiti del mio cuore”
Tin…Tin…Tin, mentre invita a dormire in attesa del risveglio della vita, e “nasce
, calda e irrequieta , la fiamma dell’amore .In inverno ritorna il gioco d’amore,
infinito, spensierato,inconsistente avventato: l’amore è tutto e nulla,
presenza /assenza del sentimento destinato a vivere e morire , le foto sbiadiscono , tutto si
allontana,mentre la poetessa si aliena ,a se stessa estranea, e si concentra su un interrogativo tormentoso: “
esiste la meta?”oppure occorre far tesoro di ciò che pur poco abbiamo tra le
mani?
“Tu
Io
E nulla più.” Che direi poco non è, mentre sesso e lussuria si consumano
tra le lenzuola.
La vita è un fotogramma di istanti con la magia di uno sguardo rubato, in
un silenzio pascaliano che è tutto /nulla, mentre si descrive il dolore, perché
la felicità la si vive; il dolore, l’ontologia del dolore, ineludibile dell’umana
esistenza ,perché leopardianamente la poetessa sa che la felicità è un attimo
di cessazione del dolore.
Festosamente ci si rivolge ai bambini in una poesia dal ritmo incalzante,
da cui si evince l’energia vitale della Poetessa , che comunica la gioia di
esserci ancora in un risveglio improvviso con la forza che parla di Amore
universale, di “fantasia” da cui può nascere la poesia, mentre la paura del
fallimento che altrove bloccava ora si libera intonando un canto a Dio “per
quel bacio forte e solenne.”Ma i momenti del tempo tali restano: istanti che scivolano via come fulmini nel cielo
che accecano e scompaiono, ricettacolo
della mente in tempesta è solo la poesia, l’unico rifugio, estrema foscoliana
illusione. Ma le vere passioni mi sembrano Leopardi e Pascoli che riecheggiano
nei versi , nell’ombroso carattere di alcune note pascoliane, nei binomi
finito/infinito , gioia/dolore di leopardiana memoria.
Il viaggio si conclude con la lirica “Ulisse”: lei è la moderna eroina
arrivata al termine del viaggio, mentre le distonie si compongono in un “oasi
di piacere” dove “naufraga “il suo pensiero libero.
La silloge attraversa sfumature di sensazioni in attimi fuggenti, rubati in
frammenti di emozioni che la Poetessa cerca di fissare su carta mentre
inesorabilmente il tempo scivola scarnificando e annullando l’essere. Si
avverte del dolore pungente , ma anche il senso della rivincita e del riscatto
in un “porto sepolto” quale la poesia, cruccio e gioia di un’esistenza
tormentata , la Poesia è l’ancora di salvezza, come Dio, le estreme ragioni
della vita che fugge portandosi via tutto. Le liriche mi paiono di buon
livello, ma la ricerca insistita di alcune rime baciate danno un tono,a mio
modesto avviso, leggermente acerbo. La rima va bene , ma se insistita, può
risultare un attimo petulante. Con questo voglio dire che preferisco quelle
liriche della lovato meno cantilenanti, quelle che scalfiscono l’anima, quelle
che penetrano nella gioia e nel dolore, quelle che ti danno la sensazione della
morte e del risveglio dell’anima insieme alla natura.
Mi piace quell’io del Poeta che si cerca, si scruta, si interroga, senza
scoprirsi mai, perché la vita è un mistero e tale deve restare, e allora si
avverte quel velo di pasco liana malinconia dove la poetessa non può e non
vuole rispondere, e, mentre il tuono leopardianamente la richiama al presente ,
rimane assorbita nel ricordidi frammenti di emozioni.
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